Aspetti e caratteristiche non verbali del linguaggio vocale

Curadelsuono432di Lara Puglia

Comunicazione vocale non verbale.

 –La comunicazione preverbale.

Da uno studio di zoologia della metà degli anni Quaranta risulta che l’apprendimento degli uccelli canori ha inizio fin dalla covata; una particolare iniziazione che si effettua con la trasmissione dei suoni emessi dalla madre attraverso il guscio dell’uovo in cui cresce il futuro uccellino.

Un successivo esperimento di Konrad Lorenz, il quale in assenza di un’anatra in funzione materna, cominciò a parlare regolarmente ad una covata di anatroccoli che al momento dell’apertura dei gusci dimostravano una clamorosa sensibilizzazione rispetto alla voce dello studioso, rivelò un vero e proprio fenomeno di tropismo provocato dalla voce umana.

Fu solo in seguito che, dal pioniere della neurologia della nutrizione André Thomas, arrivò una prova importante:

la “prova del nome”. Prima che il bambino abbia dieci giorni lo si fa sedere su un tavolo e si pronuncia il suo nome. Il bimbo non manifesta alcuna reazione finché non è la madre a parlare; quando quest’ultima pronuncia il suo nome, sposta il corpo verso di lei e cade di lato. Si tratta, assicura André Thomas, di un fatto assolutamente costante. Evidentemente anche qui siamo in presenza di un tropismo sonoro.

Da queste ricerche sembra dunque piuttosto evidente che i processi che presiedono all’udito, come quelli che devono indurre il linguaggio, sono determinati molto prima della nascita. Se un messaggio sonoro può oltrepassare un guscio d’uovo al punto da colpire il futuro uccellino e imprimere in lui il linguaggio della sua specie, la voce materna umana può certamente fare altrettanto; carica di affettività e di valenze semantiche, dovrebbe avere un impatto anche più potente, poiché la comunicazione fra madre e feto è diretta. Il fatto che il feto senta, non significa però che percepisca i suoni allo stesso modo dell’essere umano finito. L’evoluzione della funzione uditiva è un processo lungo e complesso.

foto 7Il diaframma uditivo si apre al mondo sonoro progressivamente, attorno ad un asse che si situa fra i 300 e gli 800 Hertz. Il bambino recupera poco alla volta una tensione dei muscoli dell’orecchio medio (il timpano e la staffa) che gli permetterà di ritrovare una percezione che aveva conosciuto durante tutta la sua vita sonora prenatale. Il neonato riconosce la voce che lo aveva intrattenuto così a lungo nella vita intrauterina; il piccolo ricorda le inflessioni, il ritmo e saprà aprirsi gradualmente ad un nuovo modo di comunicare.

Questo nutrimento vocale è necessario alla strutturazione del neonato come la poppata che egli assorbe. La voce che il bambino attende con la stessa impazienza con cui aspetta il biberon verrà presto associata al viso materno e provocherà delle risposte, dei gridolini di gioia o di dolore. L’embrione incamera dunque fin dal concepimento delle informazioni, che recupererà più tardi nell’insieme del suo sistema uditivo. Anche un’indagine superficiale sulle abitudini comportamentali dell’uomo, rivela che le strutture più arcaiche corrispondono ad acquisizioni di questo vissuto prenatale. Nella vita intrauterina, si instaura dunque una prima relazione essenziale col mondo esterno e tutto ciò che esso rappresenta sul piano della comunicazione sonora.

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